09 - Usi, costumi, riti e curiosità

Attorno alla festa e agli onori tributati al Santo serafico ruotano tradizioni, usi, costumi, riti e curiosità, alcuni legati ad aspetti pratici, altri all’origine del culto, e altre ancora nate successivamente per miracoli e grazie ottenuti o eventi manifesti attribuiti alla sfera soprannaturale.

Come accennato in precedenza, uno dei riti, in questo caso legato all’accoglienza, è quello della lavanda dei piedi, prestata dalla locale Confraternita di San Jacopo e praticata in numerosi altri luoghi di pellegrinaggio, che in realtà è qualcosa di più di un rito, quanto un umile gesto di benevolenza nei confronti del pellegrino appena giunto al quale con questa pratica si offre il sollievo di un tiepido pediluvio agli arti indolenziti dalla lunga camminata.

In particolare, uno dei principali interessati da questa pratica dovrebbe essere “Cipolla”, al secolo Paolo Ladu, l’ultimo pellegrino ad entrare in chiesa, che da oltre dieci anni reca lo stendardo del Santo compiendo il pellegrinaggio da scalzo con i piedi che non sanguinano. È una quarantina di volte che fa questo pellegrinaggio, ma dal 1987 ha deciso di andare scalzo, a fronte di una promessa fatta da tredicenne al Santo chieden­do e ricevendo la grazia di salvare la madre in punto di morte.

Sempre in tema di curiosità, un altro pellegrino resterà nelle cronache storiche di San Francesco di Lula. È Zigheddu Calledda, forse meno sensazionalistico del citato “Cipolla” perché lui le scarpe le usa, ma in compenso ne consuma parecchie. Oltre ad essere un instancabile camminatore che batte i sentieri di fede di mezzo mondo, Zigheddu a maggio del 2017 ha “festeggiato” il suo 70esimo pellegrinaggio a Santu Frantziscu con il suo zaino e l’inseparabile bastone di ferula. Questa volta, giusto per cambiare, partendo a piedi il 22 aprile da Cagliari munito della sua personale Charta Peregrini timbrata ad ogni sosta intermedia; il documento di viaggio che serve ad attestare l’identità, la condizione di penitente, e le intenzioni del pellegrino.

Le curiosità non finiscono certo qui, e ogni anno ce ne sono di nuove, grandi e piccole. Ma ciò che caratterizza maggiormen­te la ricorrenza sono proprio i riti e gli usi ormai scritti nella tradizione.

Probabilmente a seguito di una grazia salvifica ottenuta in tempi remoti nei confronti di un bimbo gravemente malato, si è consolidato il rito di “sa pesada” (la pesata) con la variante di “sa bertula” (la bisaccia). Nel primo caso il bambino malato veniva pesato riscattando la sua guarigione con un offerta al Santo dell’equivalente peso in carne d’agnello e di vitello. Nella variante di “sa bertula”, lo “scambio con il Santo consisteva nel porre il bambino malato (oggi sostituito con un bambolotto) in una delle due tasche della bisaccia, riempiendo l’altra con le offerte raccolte durante la questua.

Sulla tradizione sembra ci sia poco da dire: è il pellegrinaggio stesso. E allora “su filindeu”? Forse è proprio questa pietanza il fulcro della tradizione di questo evento.
33[x]: Un piatto caldo di filindeu.