I pellegrini che giungono la mattina al Santuario
di San Francesco di Lula, sono accolti dal comitato del Priore che
offre loro conforto spirituale con la Santa Messa, ristoro fisico con
la lavanda dei piedi, e li rifocilla con latte e caffè caldi
accompagnati con biscotti e altri dolci.
Ma poiché di buon mattino gli addetti alle cucine iniziano a preparare il bollito di pecora e patate per il pranzo, già dalle 8 e anche prima è pronto il brodo in cui cuocere per pochi istanti una pasta unica al mondo! Su Filindeu. I fili di Dio. Un reticolo di fili di pasta talmente sottili da presentarsi come un tessuto di tre strati con trama e ordito, che immersa per pochi secondi nel brodo di pecora in cui viene sciolto il formaggio fresco, si impregna di questa bontà e viene servito caldo per tutto il giorno a chiunque ne faccia richiesta.
Per estensione, il nome Filindeu si
riferisce alla pietanza finita: la speciale pasta cotta nel brodo con
il formaggio.
Ho parlato di pasta unica al mondo non per la segretezza della ricetta nota ai più (semola di grano duro, acqua, sale, e olio … di gomito!), ma perché a tutt’oggi le uniche depositarie del metodo di lavorazione (spesso mostrato in pubblico ma mai riuscito a replicare da estranei con continuità) si contano sulle dita di una mano: sono poche donne nuoresi che tramandano i “segreti” della faticosa lavorazione di generazione in generazione.
Prima della consumazione, che avviene in piedi in una piccola stanzetta con pochi appoggi alle pareti, è buon costume offrire un obolo e farsi il segno della croce in forma di ringraziamento per essere arrivati sani e salvi a destino e per l’aver ricevuto un cibo così mistico.
Così come avviene in altri luoghi sacri, se il fedele non ha le possibilità di recarsi di persona in pellegrinaggio, può comunque ricevere a casa una reliquia, dell’acqua santa, o altri oggetti “omologati” come sacre testimonianze di fede. Nel caso di San Francesco di Lula, con gli stessi rituali del consumo in loco, è possibile portare il Filindeu ai propri cari in un contenitore ermetico provvidenzialmente portato da casa.
Anch’io questa volta, dopo aver consumato il mio piatto di pietanza, deposito un’altra offerta e porgo un piccolo contenitore stagno per chiedere una porzione destinata a sorpresa a mia suocera Signora Carmela, che senz'altro la gradirà molto più del classico torrone delle sagre.
Non indugio oltre, e anche se invitati a trattenerci per il pranzo, Michele ed io ci accomiatiamo ringraziando e prendiamo la via del rientro. Magari la prossima edizione mi piacerebbe partecipare al pranzo per gustare la pecora in cappotto, su sambeneddu e sa cordedda che in casa sono purtroppo un tabù per intolleranza alimentare della mia metà del cuore.
Per questa volta, per noi pellegrini di una notte, finisce qui.